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SVIZZERASopravvivere all'orrore: «In tanti hanno pregato per me»

10.05.24 - 16:42
La storia di una donna svizzera, rimasta coinvolta nel mostruoso incidente in Tanzania costato la vita a 25 persone.
Imago/Xinhua
Sopravvivere all'orrore: «In tanti hanno pregato per me»
La storia di una donna svizzera, rimasta coinvolta nel mostruoso incidente in Tanzania costato la vita a 25 persone.

LOSANNA - Nello scorso mese di febbraio, 25 persone sono morte in un gravissimo incidente stradale in Tanzania. Su quell'autobus protagonista del sinistro c'era anche una svizzera, Joële Zeller che è sopravvissuta riportando però ferite gravi.

Come riportato dal Blick, la 51enne vodese ha riportato la frattura di 12 costole, due lesioni pelviche, un ematoma cerebrale e diverse emorragie interne. La sua vita è rimasta appesa a un filo per 3 giorni. Il rimpatrio è poi avvenuto grazie alla Rega, in patria la donna è stata operata e solo ora può dire di stare davvero bene.

Dell'incidente ha pochissimi ricordi, l'unica cosa che è restata impressa nella sua memoria è che - prima che il bus venisse travolto da un camion con freni difettosi - stava scrivendo un messaggino alla figlia. Dopo l'impatto con il tir, altre tre auto si schianteranno contro il torpedone. Circa una settimana dopo Zeller si è svegliata nel reparto di terapia intensiva di Losanna.

L'unica storia che può raccontare è quella che gli hanno riferito gli altri: «Mio marito, che viaggiava sull'altro autobus, mi ha trovata a terra, mi ha detto che continuavo a dirgli che stavo soffrendo». Una nebbia che permane anche dopo il ricovero in Svizzera: «Mi faceva male tutto, ero completamente confusa», l'unica luce: rivedere sua figlia.

Zeller oggi riesce a camminare da sola. Ogni giorno fa passeggiate lunghe fino a cinque chilometri. Ha smesso di prendere antidolorifici, anche se i dolori sono sempre lì, e si sottopone diligentemente alla fisioterapia. Per il suo fisioterapista il suo recupero «ha del miracoloso».

Unico lato positivo della disavventura, l'affetto delle persone vicine: «Mia figlia ha aperto un gruppo per informare parenti, amici e conoscenti delle mie condizioni», questo è arrivato rapidamente a contare 1'250 partecipanti (è il limite massimo di persone per un gruppo WhatsApp, ndr.).

La donna da 26 anni è molto attiva nella sua comunità «per portare aiuto a giovani e famiglie in diversi continenti», spiega confermando l'intenzione di ritornare al più presto in Africa, «le preghiere di migliaia di persone mi hanno fatto compagnia, non mi sono mai sentita sola».

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